domenica 16 febbraio 2014

«La libertà è un moto di pensiero che nessuno può fermare.» Loretta Stefoni

 
 
 
Oggi, cari amici, voglio sottoporre alla vostra attenzione un articolo letto ieri sul blog del Corriere Della Sera.it perché una simile ignominia deve fare rumore... il silenzio non aiuta.
 
 

 

I poeti martiri in Iran, impiccato Hashem Shabaani

Pena di morte | La potremmo chiamare la società dei poeti morti o dei poeti martiri quella iraniana, vista la rapidità ed efficienza con cui vengono giustiziati gli amanti della scrittura in versi. Il 27 gennaio è toccato a Hashem Shabaani, 32 anni, un arabo-iraniano di Ahwaz, nel sud est del Paese. Il poeta, noto per i suoi versi pacifisti, è stato accusato di aver “seminato la corruzione sulla terra”. Lui, accademico, padre di famiglia, figlio devoto che si prendeva cura del padre, un veterano rimasto ferito durante la guerra contro l’Iraq (1980-88).
Ma di cosa era colpevole  Shabaani? Nella provincia di Ahwaz, a maggioranza araba,  la Guardia rivoluzionaria è stata messa alle corde dagli attentati per più di due anni. Il risultato è trovare un capro espiatorio. Un poeta che siccome scrive in arabo è accusato di essere un sovversivo.
“Io ho cercato solo di difendere il desiderio legittimo che ogni popolo dovrebbe avere cioè il diritto a vivere liberamente nel pieno dei diritti civili. Non ho mai usato un’arma per combattere contro i crimini atroci tranne la penna” ha ripetuto Shabaani ai suoi carcerieri.
Ma come insegna la giovane pakistana Malala Yousafzai in alcuni Paesi le penne vengono considerate armi più potenti delle spade. Lo scorso luglio Hashem Shabaani è stato condannato a morte dopo aver passato due anni in prigione e aver subito torture. Nel dicembre del 2011 lo avevamo visto sul satellite internazionale iraniano che “confessava” di essere “un terrorista separatista” .
Ora, però, l’esecuzione avviene nella nuova era del presidente Hassan Rouhani, salutato dall’Occidente come un innovatore. Ma Rouhani non ci ha pensato due volte a confermare la condanna a morte del poeta.
Ricordiamo Hashem Shabaani con una sua poesia scritta per descrivere il suo processo “Le sette ragioni per cui devo morire”:
Per sette giorni hanno gridato contro di me/Tu stai facendo una guerra ad Allah/Sabato: perché sei un arabo/Domenica: perché sei di Ahwaz/(…)Martedì: ti fai beffe della Sacra Rivoluzione/(…)Venerdì: sei un uomo, non basta questo per morire?
 
 
 

Abbrivi di cielo
e tinnire di catene
laddove impavidi voli
di pensieri audaci
dispiegano ali.
Voci fuori dal coro
s'alzano nel vento
e nuovi respiri
infiammano il petto
di chi ha già gli occhi
spinti al di là dell'oltre.





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