domenica 9 giugno 2013

NEWS...

 


Ieri sabato 8 giugno, presso la prestigiosa Biblioteca Filelfica di Tolentino, si è svolta la cerimonia di premiazione del Premio di Poesia "Città di Tolentino", organizzato dall'Amministrazione Comunale di Tolentino in collaborazione con Edizioni Montag.
Alla presenza delle autorità, dei giurati e della curatrice del premio e della silloge che raccoglie le migliori liriche tra le pervenute (oltre 400), è stata resa nota la classifica definitiva, che ha visto ulteriormente ridursi l'esiguo numero dei finalisti, dei quali ricordiamo i nomi: 

Antonella Riccardi
Antonio Catapano
Claudia Ruscitti
Corrado Guzzon
Enrico Crucianelli
Loretta Stefoni
Luciano Bonvento
Marco Spaccesi
Monica Pintucci
Umberto Vicaretti

Una successiva selezione ha fatto sì che, oltre ai primi tre classificati, rimanessero solo due finalisti, tra cui la poetessa marchigiana Loretta Stefoni

(Qui li vediamo entrambi insieme alla Direttrice della Biblioteca Laura Mocchegiani)
 
Vincitore assoluto 
 
Umberto Vicaretti
con
la poesia
"Non ho saputo tessere parole"
 
che ha dato il titolo alla raccolta delle più belle liriche in concorso...
 

 




 
Umberto Vicaretti è un poeta ben conosciuto negli ambienti culturali, pluripremiato sia in concorsi letterari nazionali che internazionali, uno fra tutti, basti ricordare la ventiseiesima edizione del Premio Mondiale di Poesia "NOSSIDE" 2010 che l'ha visto aggiudicarsi il primo posto assoluto.
 
Della sua poetica così ha parlato, non molto tempo fà, il noto critico letterario Nazario Pardini:

 
"La poesia di Umberto Vicaretti è tutta nella parola, nel verbo, nel sintagma, nel saper combinare l'elemento lessicale ad uno spartito complesso e armonicamente sinfonico, quale uno stacco pucciniano. Nelle sue poesie il signficante metrico accompagna simmetricamente la pluralità delle scansioni interiori. E il dire e il sentire combaciano. Si sa che nell'arte la difficoltà prima consiste nel tradurre il tutto in questo equilibrio. E la sua parola è audace, è rotonda, è dilatata, è accorciata, è inventata in una continua scalata verso l'azzardo dei confini. D'altronde il suo stesso classicismo, la sua stessa memoria della grande tradizione letteraria non è mai cosa pedissequa, ma è re/invenzione, rivisitazione, rinnovamento di sostanze poetiche che in nuce nell'anima si fanno vera arte con la cospirazione dei giochi lessico-fonici. Sa diventare anche nostalgia quel bagaglio umanistico accumulatosi nei giorni della primavera. Ma non mai lamentatio melliflua decadente nell'accezione negativa del termine. C'è la costruzione meditata e nutrita di accorgimenti stilistici vibranti e figurati, visivi, disposti e disponibili a rendere agile, accattivante, musicalmente affabulante il messaggio poetico. E tale costruzione controlla, anche, che l'esondazione non straripi dagli argini di contenimento. Ed è qui quell'equilibrio desanctissiano, l'unica regola della poetica a cui non possiamo sottrarci - se di regole si può parlare nella poesia - a dare forza e credibilità all'arte di Vicaretti. E se il Nostro afferma: "Invano cerco approdi oltre le nebbie / e ignoti e incerti séguito orizzonti"
è perché lui sa e sente che il destino degli uomini è quello di azzardare sguardi oltre i limiti, soffrire degli spazi ristretti di un soggiorno, per una vita umana, troppo umana. E d'altronde è qui il terriccio fertile della sua poesia. Terriccio tanto ricco di humus da custodire semi destinati a messi verdeggianti e durature.
Direbbe il poeta:" E' tutta nella memoria e nella coscienza di esistere, nel mistero e nel sogno, nelle fughe e nei ritorni questa avventura infinita che è la vita." E la realtà stessa, nella sua eccessiva portata, è smussata, adattata, dal poeta, ad un mondo di immagini che la sanno declinare in poesia
".
(Nazario Pardini, 10 maggio 2012)